lunedì 23 gennaio 2012

C’è del rock a Sanremo?


I Marlene Kuntz sul palco dell’Ariston auto-alimentano una polemica

Il classico appuntamento con la polemica domenicale a ora di pranzo, quello con “L’Arena” di Massimo Giletti, lo scorso 15 gennaio non ha ostacolato come sempre la digestione. Il tema trattato, dopo quello della discussione sul naufragio del Costa Concordia, era più frivolo e assimilabile: Gianni Morandi presentava la lista dei partecipanti a Sanremo 2012.
A dispetto degli anni passati, stavolta l’estinzione dei dinosauri diveniva realtà anche per il Festival: a casa i vari AlBano, Toto Cutugno, Milva e Ricchi e Poveri; dentro nomi di qualità, come Lucio Dalla, Matia Bazar, Samuele Bersani e voci nuove e interessanti come quelle di Nina Zilli, Noemi e Chiara Civello.
In questa lista mancava però la vera sorpresa – quella della presenza di Gigi d’Alessio più che vera risultava amara. Si arriva all’ultimo nome dei quattordici previsti. Rullo di tamburi, attimo di suspance: i Marlene Kuntz. La reazione di mia madre – che pur non essendo di Voghera, potremmo identificare nell’occasione come “casalinga tipo” – ha rasentato l’indifferenza. La mia, lo stupore misto a soddisfazione.

I Marlene Kuntz, per chi non li conoscesse, sono stati gli alfieri del rock alternativo (a quello radiofonico) italiano per tutti gli anni’90 e anche un po’ oltre. Hanno accompagnato l’adolescenza di me e di molti miei coetanei con i loro suoni taglienti e distorti, tappeto per testi ricercati e mai banali. Era l’epoca della gioventù sonica, quando si pensava che un rock italiano e ben fatto fosse possibile. Poi i cicli finiscono per tutti, passa l’adolescenza e forse non si ha più voglia di tanto rumore. Oggi i Marlene Kuntz sono dei quarantenni in cerca di identità: tendenti a un cantautorato sporco che metta in primo piano le parole, sembrano schiavi della loro gloria passata.

Questa incerta ma non errata definizione è confermata da una lettera che gli stessi Marlene hanno postato sul proprio sito, a pochi minuti dall’annuncio di Morandi. In quelle poche righe la band sembra montare gli scudi a difesa di una scelta che già sanno sarà oggetto di polemiche: loro andranno a Sanremo per curiosità piuttosto che per calcolo, e si potrebbero anche divertire.  “Ci daranno dei marchettari per il nostro andare a Sanremo? Ma non è forse più marchettaro fare ciò che il tuo pubblico si aspetta da te per puro calcolo?”.
La lettera implica che i fan bolleranno la scelta della band come “commerciale”, ma non è tutto così semplice. La direzione dei Marlene, dalla metà degli anni 2000 in poi, è chiara: cercare di più la forma-canzone, magari eliminando alcuni fronzoli del passato e facendo suonare più chiara la voce, in un processo in cui il passato non viene dimenticato, ma funge da base per cercare cose nuove. I risultati, a dirla tutta, non sempre sono stati all’altezza del talento di Cristiano Godano e soci, ma è pur vero che gli artisti per essere tali devono sentirsi liberi di esprimersi come meglio credono. Non si può vedere tutta questa faccenda come un “tradimento”.

Ma allora perché quella lettera di difesa preventiva? Dove sta lo spirito di divertimento annunciato in questo comportamento? Perché giustificarsi con i fan che vogliono Marlene sempre uguale a se stessa? L’ambiguità di quelle righe sta attizzando, nei forum, una polemica che poteva essere più sopita. Non mi pare che band come Subsonica o Bluvertigo, all’approccio con lo stesso palco, si siano giustificate con qualcuno. In fondo, “Canzone per un figlio” potrebbe essere semplicemente un gran bel pezzo: ma è tutto molto poco rock.



Pubblicato il 23/01/2012 su Ghigliottina.it

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