martedì 9 agosto 2011

Ridere semplice, ridere di gusto - Venezia fa omaggio al cinema comico italiano


L’Italia mi pare un Paese provinciale, e non è solo una considerazione geopolitica. Me ne accorgo dai dettagli. Prendiamo ad esempio la “67° Mostra d’arte cinematografica di Venezia”, conclusasi l’11 settembre scorso. Un importante appuntamento per il mondo del cinema mondiale, da considerare alla stregua dei più importanti festival europei come quelli di Cannes o Berlino, con le luci e gli occhi delle telecamere di mezzo mondo piantate al lido per più di dieci giorni. Film più o meno belli in (o fuori) concorso, le sfilate delle star sul tappeto rosso, Quentin Tarantino come presidente di giuria. Il tutto non molto diverso da quanto accade a dicembre ad Hollywood. E non che questo sia per un male, per carità!

In un angolo della mostra (perché tale è una retrospettiva, soprattutto se poco pubblicizzata) si celebravano invece i film italiani di genere comico, vero polmone economico del nostro cinema, da sempre.

Il comunicato dell’apprezzabile iniziativa, intitolata “La situazione comica (1910-1988)” e curata da Marco Giusti, Domenico Monetti e Luca Pallanch, cercava di sottolineare la bontà di questa operazione di recupero di “un genere troppo spesso rimasto nell’ombra”.
Mi chiedo: ma se questa stessa retrospettiva è in ombra rispetto al Festival, quando e come vedranno la meritata luce questi film? È allora davvero considerato meritato questo spazio concesso al film comico italiano, o è solo un contentino che gli organizzatori non hanno potuto non concedere?
Certo che c’è da essere incazzèti (come direbbe il caro Lino Banfi) per questa che mi pare un’ipocrisia di fondo: eppure se c’è un merito per questi film è quello di aver tratteggiato con ironia difetti e virtù di un Paese che non ha mai assimilato perfettamente la modernità, rimanendo ancorato spesso alla sua dimensione genuinamente umana. Evidentemente i detrattori di questo genere non hanno mai voluto imparare questa lezione e, volendo imitare schemi e miti che non ci appartengono del tutto, finiscono per snobbare gratuitamente ciò che ci renderebbe più originali: puntare di più sull’italianità sempliciotta ma verace, in questo caso.

Lasciamo però da parte le polemiche: solitamente preferisco parlare di cose che mi mettono di buon umore.
La situazione comica” ha portato al lido una trentina di film divisi in 2 programmi, uno più legato al cinema del passato (soprattutto dagli anni’30 ai ’70) e uno più contemporaneo (anni’70-’80). Per l’occasione sono stati invitati popolari comici protagonisti di quell’ultima stagione, da Abatantuono a Verdone, da De Sica a Banfi (un elenco ricco e vario, mancavano solo Alvaro Vitali e Pippo Franco, a mio avviso, per chiudere un cerchio perfetto), pronti a commentare i propri film e a svelarne i retroscena.
Gli amanti della risata hanno potuto così ricordare, tra gli altri, film come “Profumo di donna” e “Compagni di scuola”, insieme a “Febbre da cavallo”, “Il ragazzo di campagna”, “Fracchia, la belva umana” fino al capostipite dei cinepanettoni, un “Vacanze di Natale” d’annata, datato 1983.

Ed eccola l’Italia che vuole diventare moderna ma che ancora si arrangia, arrabattandosi con le scommesse sui cavalli; l’Italia bucolica che si accorge dell’urbanizzazione e della metropoli, e che non riesce ad accettarla fino in fondo; l’Italia dello sviluppo economico e della tragicomica condizione impiegatizia (Paolo Villaggio sarebbe da esportare nel mondo!); l’Italia degli yuppies con gli accenti più diversi, provinciali che si ritrovano a Cortina a giocare alla bella vita per qualche giorno. E non si può negare che eravamo all’incirca così, ma in fondo certi caratteri non si perdono mai: l’italiano arruffone e disordinato, ma allo stesso tempo geniale spirito libero. Che male c’è a riderci su e a farlo alla luce del sole? Sarebbe uno scandalo un premio alla carriera a un qualche personaggio che ci ha fotografato con bravura, la stessa con la quale ci ha fatto ridere facendoci rendere conto anche dei nostri difetti?

Provinciale è invece l’attitudine tutta italiana allo snobismo verso la genuinità, e la ristrettezza di chi vede in un comico solo una sorta di giullare. Non a caso, tra le polemiche che i comici invitati hanno alzato riguardo questa loro situazione di “quasi emarginati” dal cinema impegnato, risuonano emblematiche le parole da un’intervista a Jerry Calà riportata da Loudvision:
Ti è mai venuta la voglia di metterti in gioco e presentare un tuo film a un Festival come quello di Venezia?
Sono già stato a un festival tanti anni fa con il film di Marco Ferreri “Diario di un vizio”, vincendo il premio della critica italiana a Berlino. Parteciperei volentieri a una manifestazione del genere, ma il problema è arrivarci per uno che ha fatto della comicità le basi della sua carriera. Una volta ho detto ad un produttore che stavo lavorando su un progetto con una tematica molto importante e dura e la sua risposta è stata “perché non lo firmi con un altro nome?”, questo dovrebbe farti capire come funziona il nostro cinema”.

Sperando che non ci passi mai la voglia di prenderci in giro, a noi non resta che ridere, ridere semplice, ridere di gusto.


(Pubblicato su Axxonn.it il 23/09/2010)

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