giovedì 25 agosto 2011

Radiohead: musica del futuro


La migliore band degli ultimi anni torna con un inaspettato nuovo album: “The King of Limbs”.
Che ai Radiohead piacesse sorprendere, non è cosa nuova. Lo hanno fatto ogni volta che hanno potuto, invertendo strade musicali ad ogni nuovo disco; rinnovando le modalità di registrazione, di diffusione e di acquisto dei supporti musicali; rimanendo gli stessi cinque, da venti anni ormai, senza dipartite o litigi come pure è accaduto alle più grandi band della storia.

Ci avevano lasciati più di due anni fa con “In Rainbows”, capolavoro elettro-pop, in assoluto uno dei vertici della loro discografia. Dopo l’uscita del disco dichiararono che, probabilmente, i loro seguenti lavori sarebbero usciti solo come singoli, poiché realizzare un album intero era diventato piuttosto stressante, oltre che dispersivo.
Sono seguiti due anni di silenzio (discografico). Poi, a metà febbraio, un annuncio scarno sul loro sito ufficiale annunciava che sabato 19 febbraio sarebbe uscito il loro nuovo lavoro, intitolato “The King of Limbs”. Nessuna voce di corridoio aveva preceduto il tutto: l’annuncio ha avuto lo stesso effetto di un’ascia nel ghiaccio.
L’attesa post-annuncio è stata quindi breve, ma molto intensa. Che strada avrebbero preso i cinque di Oxford? Come sarebbe stato possibile migliorare il disco precedente, lavoro pressoché perfetto? Queste, in sintesi, le domande che i loro fan, gli appassionati di musica e tutti coloro che hanno un cuore si sono posti per qualche giorno.
In effetti il 19 febbraio scorso il disco era disponibile per essere scaricato dal loro sito: stavolta tramite il pagamento di una quota fissa, a differenza dell’iniziativa intrapresa con “In Rainbows” dove ognuno poteva pagare il disco in base alla somma che riteneva più giusta (e a dispetto delle previsioni, la scelta si è comunque rivelata economicamente positiva per la band: questo perché la qualità, quella vera, paga).
Gli appassionati dei “supporti musicali fisici” dovranno invece aspettare ancora un mesetto per avere le loro copie del nuovo disco, in vinile o cd, in formato speciale.
Detto ciò, è difficile descrivervi questo “The King of Limbs”, nonostante lo stia ascoltando ininterrottamente da qualche giorno. Sicuramente posso dire che i Radiohead mi hanno sorpreso ancora una volta – cosa assai difficile, con alle spalle una lunga carriera da fan. C’è molta elettronica, sicuramente ancor di più che nel disco precedente.
Ma qui la forma-pop è destrutturata, per cui il risultato è quello di un disco molto meno immediato. I rimandi d’obbligo, per rimanere del contesto della loro carriera, sono a “Kid A” e “Amnesiac” (i lavori con cui i Radiohead si proiettarono nel nuovo millennio, affrancandosi dal rock intimo ed empatico dei loro dischi negli anni ’90, ed entrando in una dimensione elettronica totalmente sperimentale) e a “The Eraser”, disco solista di Thom Yorke del 2006.
“The King of Limbs” è un disco abbastanza breve, della durata di 37 minuti divisi per otto tracce complessive. La prima parte dell’album è la più ostica, come se la band volesse consapevolmente dimostrare che con loro niente è scontato.
Gli strumenti tradizionali – chitarre, basso, batteria, piano – sembrano quasi scomparire tra beat ossessivi, sintetizzatori, e effetti calibrati alla perfezione. Su questo tappeto sonoro elettro-avanguardistico si incastrano le linee vocali suadenti di un Thom Yorke ai massimi livelli: l’impressione è di un calore musicale lontano dal pop e dal rock eppure forte, un qualcosa di nuovo, le cui spore sono rintracciabili nei lavori che vi ho detto: è musica che anticipa il tempo.
Lotus Flower, il primo singolo estratto, fa da spartiacque del disco: nella seconda metà si riconoscono suoni più tradizionali (la ballata per piano di Codex; le chitarre felpate diSeparator, che richiamano la dolcezza di House of cards), ma tutto rimane omogeneo e ci riporta all’impressione che si ha nei primi minuti, ovvero quella di un disco che per essere capito avrà bisogno del suo tempo.
Ed è in realtà questo che fa diventare una band qualsiasi una grande band. I Radiohead sono forse in assoluto i più grandi, per la loro capacità di sorprendere con soluzioni qualitative sempre migliori. Per esserne convinti basti comparare questo lavoro al loro primo disco, “Pablo Honey”, datato 1993.
Regalatevi questo ascolto, prendetevi del tempo, ascoltate con pazienza: i Radiohead hanno aperto la strada per l’emancipazione dall’etichetta “rock”, per insegnarci un concetto di musica più ampio, arioso, completo.
Che tipo di musica fanno i Radiohead?, potrebbero domandare così i profani. Fanno semplicemente musica, la musica migliore, quella che anticipa il tempo.

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