giovedì 25 agosto 2011

La canzone politica nel Duemila: Offlaga Disco Pax


Gli emiliani Offlaga Disco Pax raccontano gli errori del passato comunista, senza luoghi comuni, con la giuste dose di drammatica ironia.
Gli Offlaga Disco Pax sono senza dubbio il gruppo più originale del panorama musicale italiano, sin dal loro fulminante esordio nel 2005, anno di uscita del loro primo lavoro discografico. Il disco in questione si chiama “Socialismo tascabile”, titolo sarcastico e al tempo stesso misterioso, già lontano anni luce dalla stucchevole retorica partigiana dei Modena City Ramblers, una band fuori dal tempo che tuttora si attarda a cantare “Bella ciao” come se il tempo in Italia fosse fermo al 1969.

D’altronde, già dai primi anni Duemila s’era capito che per la canzone politica erano cominciati tempi di magra: i pur buoni cantautori nostrani preferivano esplorare tematiche più personali (vedi Capossela o Morgan, per citarne due), e la rabbia di gruppi che s’erano costruiti una reputazione politicamente schierata negli anni ’90, come i 99 Posse (potremmo dire: i nostri Public Enemy?), era implosa repentinamente.
La curiosità suscitata da “Socialismo tascabile” era dovuta però anche ad altri fattori. Innanzitutto la formazione della band: due musicisti polistrumentisti (Enrico Fontanelli, Daniele Carretti) e un cantante-lettore (Max Collini) che non sa suonare né cantare. Pensavo: cosa ne uscirà mai fuori? Mi fidai così di questa attrazione non meglio giustificata, ascoltai il disco e rimasi rapito: non si trattava di vere e proprie canzoni – Collini davvero non sa cantare! – quanto di racconti narrati su basi musicali molto elettroniche che ben si sposavano con i testi. Insomma, quasi come in un reading, ma non era poesia o letteratura: ogni traccia apriva uno squarcio temporale, portandomi in un’epoca e in un luogo che non avevo vissuto, ma che è da sempre considerato mitico nell’immaginario collettivo dei nostalgici sinistroidi italiani. Ero nell’Emilia degli anni’70 e ’80, dove il comunismo si faceva e si faceva bene. Così mi hanno sempre raccontato.
Invece Collini si smarcava dalla nostalgica declamazione dei bei tempi andati e raccontava storie, aneddoti e dettagli della vita di provincia a Cavriago, dove c’è ancora piazza Lenin (con annesso busto). Lo sguardo è rivolto al passato, a tempi in cui si guardava con ottimismo il fatto che “il Partito Comunista prendeva il 74% e la Democrazia Cristiana il 6%”; dove non si poteva non parteggiare per la Rivoluzione, i Sandinisti, Robespierre, Berlinguer; dove persino un chewing-gum (Cinnamon) era uno status symbol quasi sacro, nonostante il fatto che il capitalismo facesse di tutto per svilire la semantica rivoluzionaria (fenomenale il riferimento alle Big Babol “Revolution” in sostituzione del Cinnamon). Anche una storia d’amore finita era trattata con finto disincanto, legata a pedalini spaiati di marca De Fonseca.
I richiami musicali portavano immediatamente ai Massimo Volume (anche lì abbiamo una voce narrante più che un vero e proprio cantante, Emidio Clementi) e ai CCCP, anche loro emiliani, sicuramente una delle migliori formazioni punk mai formatesi in Italia (e in Europa) e che da sempre hanno incarnato le contraddizioni dell’essere filosovietici: Tatranky degli Offlaga, infatti, ricorda molto da vicino il mantra di Emilia Paranoica recitato da Giovanni Lindo Ferretti in stato di trance. Collini mette a confronto la Praga odierna con quella degli errori/orrori marxisti, sottolinea la volontà del popolo cèco di cancellare il proprio passato legandosi alle frivolezze musicali degli anni’80, constata con profonda amarezza la sconfitta contro il capitalismo simboleggiata da biscotti wafer (i Tatranky, appunto) acquistati dalla nota multinazionale Danone: “Ci hanno davvero preso tutto!”.
Il secondo lavoro degli Offlaga non ha tradito le attese che si erano create dopo “Socialismo tascabile”: le musiche elettroniche e shoegaze si sono raffinate (molti i richiami ai suoni minimali di Kraftwerk e Suicide) e “Bachelite” del 2008 ha continuato a raccontare storie di provincia, a rileggere la storia italiana con gli occhi maturi, consapevoli degli errori ma non per questo arresi a una perdita di identità: su tutte le tracce vanno ricordate Sensibile, dove si narrano gli anni di piombo attraverso le figure di Gabriella Mambro e Giusva Fioravanti;Cioccolato I. A. C. P., uno spaccato ferocemente ironico della vita dei giovani delle case popolari; Dove ho messo la golf?, storia di macchine sequestrate, vigilesse-fate e del misconosciuto (allora) Luiz Inàcio Lula da Silva; e Ventrale, racconto del mito di Vladimir Yashchenko.
Da poche settimane gli Offlaga sono tornati con un EP autoprodotto, si chiama “Prototipo”: contiene 6 tracce già edite nei due precedenti album, ma ri-suonate soltanto con tastierine Casio rigorosamente anni’80 (andateli a vedere dal vivo, girano l’Italia proprio in queste settimane!). Il risultato è una divertente e originale rilettura, non fine a se stessa, che dimostra la duttilità e l’originalità musicale di questo gruppo che dimostra di saper guardare avanti, consapevole delle ingenuità di un passato su cui si è fondata la loro identità. Gli aneddoti dell’Emilia di qualche decennio fa si fanno così monito per una generazione nuova, che troppo spesso rifiuta di capire anche la propria storia.
Gli Offlaga Disco Pax evitano brillantemente la trappola della retorica affidandosi ad un’efficace ironia: quale miglior compromesso per evitare di cascare nella tentazione dell’antipolitica?

Pubblicato il 13/12/2010 su Ghigliottina.it

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