domenica 21 agosto 2011

“Highwave star” by Ava Kant - Dopo Max Gazzè e il tour londinese, ecco il primo disco


Se io trovassi un disco con la copertina che vedete quassù in un negozio, ad un concerto, o chissàddove, difficilmente resisterei alla tentazione di comprarlo. Innanzitutto per il bellissimo disegno di Rocco Lombardi che completa un ottimo packaging (ottima la scelta di abbinare al vinile anche il cd, per meglio apprezzare le sonorità vintage), per un prodotto curato fin dal suo aspetto esteriore in ogni dettaglio; eppoi perché è un disco degli Ava Kant, band di Fondi (LT) che ho avuto la fortuna di seguire fin dai suoi esordi, che si è fatta un “nome” suonando in ogni buco dove fosse possibile suonare e che adesso è approdata alla meritata pubblicazione di un lavoro in studio. Li ho visti ravvivare serate altrimenti anonime in borghi di provincia, li ho visti riempire locali e far smuovere culi sui loro suoni carichi di fuzz, li ho visti partire in giro per l’Italia con un furgone pieno di strumenti, lo stesso furgone in cui hanno dormito e mangiato. Insomma, una band appassionata e appassionante. E che voglio assolutamente farvi conoscere.


Highwave star” è il primo disco che si possa dire compiuto degli Ava Kant: prima infatti circolava ai loro concerti uno split-album fatto insieme agli Alwaro Negro, altra band di cui un giorno vorrò parlarvi e che condivide con gli Ava Kant la stessa attitudinesurf. “Highwave star” è invece un lavoro pensato e digerito completamente dalla band fondana, breve e fulminante: nei suoi 22 minuti (circa) la fanno da padrone soprattutto le chitarre effettate (aspettatevi fuzz e riverberi a go-go!) con riff sbilenchi e sognanti. “Bucatini” sembra scritta per entrare nella colonna sonora di un film di Tarantino o Rodriguez; “Buste gialle” invece ci porta direttamente in un poliziesco anni’70, ed è inevitabile sentire l’influenza di una band come i Calibro 35. “Davie the fuzzed” e la title-track sono i pezzi più propriamente rock-surf dell’album e credo che non avrebbero sfigurato in un album di Dick Dale (quello di Mislirou, per intenderci). C’è ampio spazio per sprazzi psichedelici, come quelli presenti in “Pissing Man” (ottima sezione ritmica) e nell’ironica “Ava Radio”.

Ma alla fine a colpire di più è “Play it again, Tony”, che scompone la semplice struttura surf con un andamento jazzato, veloce, dimostrando quanto gli Ava Kant possano facilmente affrancarsi in futuro da etichette troppo strette e dimostrando tutto il loro eclettico potenziale.

Il disco è stato registrato al “Brigastudio” di Itri da Fabio la Rocca (produttore del lavoro insieme agli stessi Ava Kant, Lotar e Associazione Delay) ed ha avuto una gestazione di circa 4 mesi. Chiacchierando con Francesco Lombardi, uno dei due chitarristi della band, ho potuto apprezzare la sua soddisfazione per i lavori della band, anche in ambito live: “penso che le grandi esperienze siano state l’aver aperto un concerto di Max Gazzè, il tour di una settimana a Londra e le tappe estive che ci hanno portato a contatto con altre realtà italiane stimolanti come Puglia, Marche e Abruzzo”.
Francesco non mi ha voluto dire quanto è costato l’album, perché “in genere un buon prezzo (e non capisco perchè) diventa cattiva pubblicità per chi ha concorso alla realizzazione del disco, del prodotto finito con tutti i suoi dettagli, quasi come sminuisse l’opera di organizzazione e in parte quella creativa. Al contrario un prezzo alto, o relativamente alto (rispetto a qualcos’altro e ci si ritrova nel vorticoso circolo del confronto solo apparentemente obiettivo), scatena varie leggende come “finanziamenti occulti” o teorie dal sapore Darwiniano che legherebbero alcuni uomini ai pennuti da cortile!

A parte questi timori riguardo alle cifre dell’album, parlare con Francesco e con gli Ava Kant mette di buon umore e mi porta a contatto con musicisti appassionati, convinti che la costanza con cui si stanno applicando ai loro progetti alla fine paghi.
La mia impressione è infatti molto positiva, ma credo che “Highwave star” possa (anzi debba) considerarsi solo un punto di partenza: le potenzialità nascoste nel disco, che spesso nei live escono fuori coinvolgendo sistematicamente gli spettatori, trasformando il concerto in qualcosa di “attivo” anche per chi lo vede, potranno essere sublimate meglio nel corso del tempo. Le ambizioni degli Ava Kant sono oneste e chiare, così come afferma in conclusione Francesco: “La notorietà non ci interessa, anche se nell’ambiente underground il nome circola. Un delle nostre vere ambizioni e continuare a suonare all’estero, come abbiamo fatto a Londra, dove il pubblico sa apprezzare ma sopratutto ha una cultura musicale ed una sensibilità per la musica che è fuori discussione. Stiamo già lavorando a pezzi nuovi, però non abbiamo ancora idee precise in testa. Stiamo sperimentando, ora l’ordine tra di noi è : suonare, suonare e suonare. Una cosa è certa: non faremo assolutamente un lavoro uguale al primo, cercheremo di trovare qualcosa di nuovo, cosa da cui siamo veramente ossessionati”.


Ava Kant sul web: http://avakant.blogspot.com/

Pubblicato il 6/10/2010 su Axxonn.it

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