venerdì 26 agosto 2011

Capossela e la "Marina Commedia"


Il Vinicio nazionale torna con un’opera colossale, tutta ispirata dal mare.
Per apprezzare in fondo “Marinai, profeti e balene”, il disco appena uscito di Vinicio Capossela, bisogna aver letto e amato “Moby Dick” di Melville, essere cresciuti con “L’isola del tesoro” di Stevenson ed essersi fatti ammaliare dall’oscuro “Cuore di tenebra” di Conrad. Insomma, oltre alla musica, bisogna amare anche i classici della letteratura e il mare. Anzi, forse è meglio riferirci direttamente a quella letteratura ispirata e costruita attorno al mare, che di esso ne racconta grandi storie ed epiche avventure.

Io scrivo questa recensione con un piccolo rammarico. Ve lo dico con onestà: non sono mai stato un grande amante di questo genere di letteratura: è vero, ho letto e amato Conrad, ma poi niente. Però quest’opera smisurata di Capossela mi prende sempre più ad ogni ascolto: che non sia questo disco ad aprire nuovi orizzonti alle mie (e alle vostre) passioni letterarie? Staremo a vedere. Intanto basta essere amanti della buona musica per comprare ad occhi chiusi questa sorta di “Marina Commedia”, come l’autore stesso l’ha definita. Nell’attesa che lo facciate, cercherò di darvene un’idea.
Innanzitutto “Marinai, profeti e balene” è un disco doppio, perché straborda talmente di canzoni che valeva la pena di pubblicare, che tutte in un solo disco non ci stavano. Ascoltarlo è un po’ salpare per un viaggio, la cui durata non conosceremo e forse non ci interesserà. Perché ci troveremo sul ponte di questa nave a fare il coro, insieme agli altri marinai, alle gesta di Billy Budd, sbattendo a ritmo piedi e pugni sul legno del vascello (con Marc Ribot alla chitarra e Greg Cohen al contrabbasso). O ci toccherà ascoltare il canto esistenzialista de Le sirene; mentre ci imbatteremo nel lirismo de La bianchezza della balena e nella grotta dai suoni marini di Calipso.
Il viaggiatore solo è quello che arriva più lontano, come l’Ulisse di Dante che non fa mai ritorno”, specifica Capossela, che si imbatte nell’ennesimo viaggio solitario (dichiarazione d’intenti formalizzata nell’album precedente, “Da solo”). Ma dà ad ognuno l’opportunità di affrontare lo stesso tipo di viaggio, mettendogli di fronte al contempo fascino e rischi.
Il viaggiatore-ascoltatore che conosce l’artista non si approccerà con timore, e nell’avventura quasi omerica troverà anche ballate ricche di cori (una bella novità) e dai suoni spiccatamente greci: VinocoloAedo e Dimmi Tiresia sono anche tra i pezzi che ammaliano subito per la loro bellezza.
Lo stesso concepimento del disco è stato un viaggio iniziato a Ischia, dove Capossela ha fatto issare al Castello Aragonese, a picco sul mare, un pianoforte degli anni Venti (un Seiler a coda); viaggio proseguito a Berlino e a Creta per concludersi a Milano. Parlando ad esempio dell’esperienza di Ischia, Vinicio sintetizza: “E’ stato un privilegio uscire dal meccanismo dello studio di registrazione, per poter lavorare in un ambiente così suggestivo, anche di notte o di mattina presto, in totale solitudine”.
“Marinai, profeti e balene” si affranca dal precedente “Da solo”, ricollegandosi idealmente a “Ovunque proteggi”, l’opera che aveva visto Capossela affermarsi con uno stile personalissimo, affrancato anche dai cliché che lo vedevano come il Tom Waits italiano (un artista, quest’ultimo, peraltro mai rinnegato dal nostro Vinicio).
Capossela ha voluto fare un disco di canzoni di mare, ispirate e dedicate al mare: ne è uscita fuori un’opera pantagruelica, memorabile, ricca di suoni marini curati nei minimi dettagli. Il nostro capitano Achab ha incontrato la sua balena bianca: non perdetevi quest’avventura.

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