La grandezza del personaggio sta tutta nel pronunciare il
suo nome, solo quello. Eduardo.
Senza continuare con il cognome, tutti sappiamo già di chi si sta parlando.
Quel nome non si può confondere nella selva di nomi simili di chi ha fatto più
o meno la storia: di Eduardo ce n’è uno solo. Pronunci il suo nome e quasi
senti l’odore del legno del palco, vissuto fino ad essere consumato. Una vita
per il teatro, come mai nessun
altro. Prolifico e profondo, intenso e drammatico, politico e popolare. Ma
sempre sinceramente umano.
Eduardo ha rappresentato non solo Napoli, ma quell’Italia che sapeva essere brillante e originale, che sapeva stupire con le sue arti il mondo intero. Che faceva riflettere e parlare di se, che si faceva studiare e tradurre. Che si faceva amare nella sua bella povertà.
Eduardo ha rappresentato non solo Napoli, ma quell’Italia che sapeva essere brillante e originale, che sapeva stupire con le sue arti il mondo intero. Che faceva riflettere e parlare di se, che si faceva studiare e tradurre. Che si faceva amare nella sua bella povertà.
Di Eduardo, come molte cose formidabili del Novecento, non si parlava da molto
tempo. È da troppo che la Rai non rispolvera dalle teche le sue grandi commedie
– nemmeno a orari assurdi a cui pochi impavidi si attardavano fino a qualche
anno fa. Ogni tanto qualche film, ogni tanto qualche articolo. Però Eduardo
rimane in onda nel cuore e nell’anima, immortale indipendentemente dai media.
La sua poesia vive sempre in coloro
che l’hanno conosciuto. Toccava solo che venisse riproposto per farlo conoscere
a chi ancora non aveva avuto questa fortuna.
Ci ha pensato Massimo
Ranieri, rileggendo i suoi classici e convincendo la Rai a far tornare il
teatro sul piccolo schermo. Ah, quanto c’eri mancato, teatro! I reality e i
talk show hanno alzato un tale polverone, che quasi pensavamo che eri morto.
Invece rieccoti, a rivivere nella magia di Eduardo. Certo, Ranieri non è de Filippo, nè in Filumena Marturano, nè
in Napoli Milionaria e neppure in Questi Fantasmi. Ma che piacere rivedere
quell’astuzia del dialogo al balcone col professore,
una
lezione su come preparare il caffè. E che magone, con Gennaro
Iovine che raccontava di una guerra che non era finita, aspettando che passasse
“’a nuttata”.
Il cuore e il
profondo impegno di Massimo Ranieri riportano in vita una delle figure
artistiche più eccelse dello scorso secolo. Eduardo de Filippo era conosciuto e
onorato nel mondo intero. Eppure lui aveva sacrificato tutta la sua vita al
teatro, mettendo spesso da parte i sentimenti per gli altri suoi affetti.
Il risultato di tutto ciò è una figura indimenticabile,
una faccia scavata in un corpo
magro, che è sembrato da sempre vecchio, ma sempre vivo, infuocato. Eduardo
teneva in pugno la scena come nessun attore, nemmeno cinematografico, sarebbe
riuscito a fare. Orson Welles parlò
di lui come del “più grande attore del mondo”. Ma chi non avrebbe pagato per
recitare al suo fianco? Anche se tutti sapevano che era un uomo duro,
meticoloso fino all’ossessione, severo tanto con se stesso quanto con gli
altri. Non certo una personalità semplice.
Dal suo genio sono nati alcuni tra i più grandi
capolavori teatrali del Novecento. Insieme a Luigi Pirandello (di cui era amico ed estimatore), ha scandagliato
la psiche individuale e sociale dell’uomo, tendendo però fede a quell’istinto
umano caratteristico dell’umanità
attorno a lui, quella della cultura popolare napoletana. Forse per questo è uno
degli intellettuali più amati dal popolo,
perché del suo popolo non si è mai dimenticato. Anzi, l’ha portato al teatro, e
poi al mondo intero. Emblematica, in questo senso, la tragicomica saga
natalizia di Natale in casa Cupiello,
forse la sua commedia più amata.
Pubblicato il 28/11/2011 su Ghigliottina.it
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