lunedì 28 novembre 2011

L'Arte della commedia


Torna il teatro di Eduardo de Filippo, grande artista del Novecento

La grandezza del personaggio sta tutta nel pronunciare il suo nome, solo quello. Eduardo. Senza continuare con il cognome, tutti sappiamo già di chi si sta parlando. Quel nome non si può confondere nella selva di nomi simili di chi ha fatto più o meno la storia: di Eduardo ce n’è uno solo. Pronunci il suo nome e quasi senti l’odore del legno del palco, vissuto fino ad essere consumato. Una vita per il teatro, come mai nessun altro. Prolifico e profondo, intenso e drammatico, politico e popolare. Ma sempre sinceramente umano.
Eduardo ha rappresentato non solo Napoli, ma quell’Italia che sapeva essere brillante e originale, che sapeva stupire con le sue arti il mondo intero. Che faceva riflettere e parlare di se, che si faceva studiare e tradurre. Che si faceva amare nella sua bella povertà.

Di Eduardo, come molte cose formidabili del Novecento, non si parlava da molto tempo. È da troppo che la Rai non rispolvera dalle teche le sue grandi commedie – nemmeno a orari assurdi a cui pochi impavidi si attardavano fino a qualche anno fa. Ogni tanto qualche film, ogni tanto qualche articolo. Però Eduardo rimane in onda nel cuore e nell’anima, immortale indipendentemente dai media. La sua poesia vive sempre in coloro che l’hanno conosciuto. Toccava solo che venisse riproposto per farlo conoscere a chi ancora non aveva avuto questa fortuna.

Ci ha pensato Massimo Ranieri, rileggendo i suoi classici e convincendo la Rai a far tornare il teatro sul piccolo schermo. Ah, quanto c’eri mancato, teatro! I reality e i talk show hanno alzato un tale polverone, che quasi pensavamo che eri morto. Invece rieccoti, a rivivere nella magia di Eduardo. Certo, Ranieri non è de Filippo, nè in Filumena Marturano, nè in Napoli Milionaria e neppure in Questi Fantasmi. Ma che piacere rivedere quell’astuzia del dialogo al balcone col professore, una lezione su come preparare il caffè. E che magone, con Gennaro Iovine che raccontava di una guerra che non era finita, aspettando che passasse “’a nuttata”.
Il cuore e il profondo impegno di Massimo Ranieri riportano in vita una delle figure artistiche più eccelse dello scorso secolo. Eduardo de Filippo era conosciuto e onorato nel mondo intero. Eppure lui aveva sacrificato tutta la sua vita al teatro, mettendo spesso da parte i sentimenti per gli altri suoi affetti.

Il risultato di tutto ciò è una figura indimenticabile, una faccia scavata in un corpo magro, che è sembrato da sempre vecchio, ma sempre vivo, infuocato. Eduardo teneva in pugno la scena come nessun attore, nemmeno cinematografico, sarebbe riuscito a fare. Orson Welles parlò di lui come del “più grande attore del mondo”. Ma chi non avrebbe pagato per recitare al suo fianco? Anche se tutti sapevano che era un uomo duro, meticoloso fino all’ossessione, severo tanto con se stesso quanto con gli altri. Non certo una personalità semplice.

Dal suo genio sono nati alcuni tra i più grandi capolavori teatrali del Novecento. Insieme a Luigi Pirandello (di cui era amico ed estimatore), ha scandagliato la psiche individuale e sociale dell’uomo, tendendo però fede a quell’istinto umano caratteristico dell’umanità attorno a lui, quella della cultura popolare napoletana. Forse per questo è uno degli intellettuali più amati dal popolo, perché del suo popolo non si è mai dimenticato. Anzi, l’ha portato al teatro, e poi al mondo intero. Emblematica, in questo senso, la tragicomica saga natalizia di Natale in casa Cupiello, forse la sua commedia più amata.

Impossibile, in questa sede, riportare tutte le sue commedie, le sue poesie, le sue sempre lucide dichiarazioni nelle interviste. Si può solo evidenziare il cuore e il rispetto di un iniziativa come quella di Massimo Ranieri. Per il resto basta, ogni tanto, ricordarsi di un nome. Eduardo. Ovvero: l’arte della commedia.



Pubblicato il 28/11/2011 su Ghigliottina.it

Nessun commento:

Posta un commento