lunedì 8 agosto 2011

Violentato dal mio Paese


Quello che vedete qui sopra è il mio volto, violentato per l’occasione da un nastro adesivo che mi cuce la bocca. Il riferimento a un universo simbolico molto in vista ultimamente vi riporta facilmente al tema che voglio trattare, il decreto legge sulle intercettazioni che il governo italiano sta cercando di approvare in questi giorni.
Il simbolismo della foto non vuole però essere sterile, perdersi in un mare di scatti di giovani imbavagliati. La mia bocca è cucita non perché
io non possa parlare, ma perché è in pericolo un sistema per cui c’è chi potrebbe rimanere muto, soffocato nel suo tentativo di mettere le verità a servizio di tutti. La trasparenza sembra essere un lusso a cui la nostra classe dirigente non vuole che ci abituiamo, e non già un diritto a cui un normale cittadino può appellarsi per essere informato su chi lo governa.
Ho pensato a due cose quando ho fatto quella foto: al mio Paese e al futuro.
Questo è un articolo che parla di violenza, forse di una guerra.

Il “decreto Alfano” –
 Fu presentato due anni fa alla Camera dei Deputati (11 Giugno 2008); ma la sua genesi si può far risalire addirittura a qualche mese prima, a quando cioè, durante la campagna elettorale per le elezioni del 2008, il PDL rese pubblico il suo Programma di Governo (al punto 3, voce “Più giustizia”, troverete proprio questa proposta). Non è facile parlare in termini certi di questo emendamento liquido, dato che fa la spola tra Camera e Senato ed è passato più volte per apposite commissioni, le quali hanno più volte modificato il testo. Il polverone che si è alzato nelle ultime settimane è dovuto alla sua natura confusa oltre che al suo contenuto.
In un primo momento esso prevedeva, in sintesi: l’impossibilità di effettuare intercettazioni telefoniche e ambientali per un periodo superiore ai 75 giorni; l’impossibilità di effettuare  simili registrazioni, nemmeno per fini di giustizia, se non si è iscritti all’albo dei giornalisti professionisti; carcere fino a due mesi e multe per i giornalisti che pubblicano i testi delle intercettazioni prima che cominci un regolare processo; multe agli editori, nello stesso caso precedente, fino a quasi 500 mila euro. Tutto ciò, a detta di chi vuole che passi la legge, per difendere la privacy di chi è indagato fino a che si sia provato il reato.
Dopo numerose polemiche, riunioni di commissioni notturne e frenetiche riscritture, sembra che le multe si siano ammorbidite, l’eventualità del carcere esclusa, la possibilità di fare intercettazioni prolungata in casi eccezionali.

L’abisso tra Stato e cittadini – 
Ma di cosa stiamo parlando in realtà? Ricordando che in democrazia il governo è a servizio dei cittadini, l’approvazione o meno di questa legge quanto può cambiare le vite di tutti noi, cittadini di un Paese che ci provoca?
Gli unici vantaggi derivanti da questa legge sarebbero per coloro che hanno le redini del potere dell’Italia in mano: politici, lobby, mafiosi. Per il resto del Paese – e scommetto, pur non avendo il supporto di dati statistici, che si tratti della stra-grande maggioranza – sarebbero solo svantaggi. Pensate agli scandali di corruzione in cui il governo si sta infangando, ad inchieste (ad esempio quella che riguarda gli appalti del G8, o al caso D’addario) sulla pochezza morale della nostra classe dirigente, alle comunicazioni dei sistemi criminali: una stampa intimidita e offesa da questa legge non potrebbe parlarcene e noi non ne sapremmo niente.
Si sta creando una distanza abissale tra questo Stato e i suoi cittadini, tra chi dirige sempre più all’oscuro di tutto e chi invece è quotidianamente chiamato a sacrifici, tra i quali rispettare le istituzioni. Come posso rispettare chi mi rappresenta se il mio strumento per governare, il voto, mi si ritorce contro?

Le reazioni – 
Le testate giornalistiche del Paese hanno fatto fronte comune contro l’attacco: da sinistra a destra, con toni più o meno urgenti, si chiede lo stralcio di una legge dannosa, che non ci serve. Si propone, ancora con educazione, al governo un passo indietro; si difende il diritto di cronaca e di libertà di espressione; si minaccia la disobbedienza civile qualora il peggio dovesse accadere. Per l’immancabile par condicio resistono anche i crumiri di turno: poca roba, a dir la verità, se si pensa che anche testate come Il Giornale Il Secolo, molto vicine al governo, chiedono forti revisioni.
E gli intellettuali e gli altri professionisti i cui settori di competenza sarebbero colpiti da questa legge? Oltre a Roberto Saviano, che sa quando usare la penna come un’arma (si noti che se questa legge fosse stata in vigore già da qualche anno, il mondo non avrebbe mai visto un libro come Gomorra, così come tanti altri importanti libri sulla malavita organizzata e sulle inchieste ai “potenti”), ci sono stati importanti contributi, tra quelli che sono riuscito a cogliere, di Umberto Eco, Stefano Rodotà (ex garante della privacy) e Piero Grasso (procuratore nazionale Antimafia). Certe personalità, purtroppo, spesso latitano quando c’è da stare svegli: questo Paese ha bisogno di interventi importanti e competenti come questi su molti altri temi attorno ai quali si fa l’Italia!

Presa di posizione – 
Siamo in mezzo a una battaglia ancora incerta, in cui ogni contributo, anche il più umile e personale, può essere fondamentale per non far passare una legge che divora le nostre libertà. Persino gli Stati Uniti hanno fatto sapere al nostro governo che non stiamo andando nella direzione della democrazia. Mentre il nostro Capo dello Stato ha il potere di rigettare una legge approvata dal Parlamento.
AXXONN, nel suo piccolo e in questo modo, dice la sua. Ci sentiamo strozzati e crediamo che anche un gesto simbolico faccia la differenza.
Io ci ho messo la faccia, le parole, la firma. Voi cosa ci mettete?


Link Utili:
- Reazioni alla proposta di legge di: Roberto SavianoUmberto EcoVittorio FeltriStefano RodotàPiero GrassoLa guida di Repubblica (con Giorgio Bocca, Ezio Mauro e altri)
- L’iter ufficiale del decreto legge dal sito della Camera
Firma la petizione contro l’approvazione del decreto legge

(pubblicato su Axxonn.it il 2 giugno 2010)

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