martedì 23 agosto 2011

Dieci anni di Baustelle - ristampato l'introvabile primo album


Francesco Bianconi canta l’adolescenza. Questo, in sintesi, potrebbe essere uno slogan di presentazione per il primo album dei Baustelle, “Sussidiario illustrato della giovinezza”. Solo che il lancio pubblicitario risulta quantomeno anacronistico. Già, perche parliamo di un disco dato alle stampe dieci anni fa, e che solo oggi viene ristampato: chi lo conosce se lo sarà quasi certamente procurato scaricandolo dalla rete. Forse agli esordi nessuno poteva prevedere il successo che avrebbe avuto la band di Montepulciano: nel 2000 vennero stampate pochissime copie di quel disco, vendute tutte durante i primi concerti della band (probabilmente oggi sono oggetti di culto).

Sussidiario è appunto un album tutto incentrato sulla torbida adolescenza vissuta da Bianconi, autore e interprete di quasi tutti i testi. Ma la giovinezza illustrata non risulta quasi mai puerile o banale. Il concetto di amore appare solo idealizzato ma lontano, sporcato dall’urgenza di un erotismo che si presta con maggiora facilità ai giovani protagonisti delle storie del Sussidiario. Si passa dalla scoperta quasi ingenua della corporeità (Le vacanze dell’83), ad impulsi ormonali difficili da controllare (Gomma, uno dei pezzi più reclamati ai concerti); fino a sfoghi sadici (Sadik cita esplicitamente “L’uccello dalle piume di cristallo”, pellicola di Dario Argento del 1970) e oscuri provini per un film (Cinecittà). Poi c’è Martina, storia di tradimenti e rasoi, e La canzone del parco, dove una “prima volta” sfocia in una lunga e toccante riflessione esistenziale.
Oggi Francesco, accompagnato dalla sempre fedele e splendida voce di Rachele Bastreghi, ci appare come uno chansonnier più maturo. “I mistici dell’occidente”, uscito quest’anno, ci parla esplicitamente di San Francesco e si lascia ispirare dalla mistica di Elemire Zolla. Certo non manca l’indole di raccontare storie provinciali con quella decadente aria romantica (mi vengono in mente Follonica Groupies), ma la tendenza è quella di cercare una canzone universale, che possa essere cantata (e forse compresa) da tutti. Non a caso negli ultimi anni i Baustelle hanno messo a segno significativi successi anche radiofonici: La guerra è finitaCharlie fa surfGli spietatiLe rane.
Fu “La malavita” a segnare l’ideale abbandono dello status di band di culto/underground. A vita bassa parlava direttamente alle nuove generazioni che crescevano con ideali effimeri; Il corvo Joe Sergio raccontavano poeticamente i disadattati che possiamo scorgere in ogni angolo delle nostre città; Un romantico a Milano era un omaggio a “La vita agra” di Luciano Bianciardi e un ricordo della Milano da bere vista dagli occhi di un dandy; con Cuore di tenebra (anche qui riferimento letterario, a Conrad) Bianconi si avvicinava alla tradizione cantautorale del miglior De Andrè. Insomma, un album che non aveva paura di parlare alla gente: era il salto di qualità.
Il precedente “La moda del lento” era stato invece un lavoro molto intimo e doloroso per lo stesso Bianconi. Con quelle canzoni l’autore sembrava volersi scrollare definitivamente di dosso una parte della propria vita, l’adolescenza, vissuta quasi con eccessiva intensità, e che per questo era giunta al capolinea. La title-track, Love affair La canzone di Alain Deloncredo si possano considerare quasi manifesti di uno stile di giovinezza passata a giocare con se stessi, a cercare la propria identità, ferendosi o fingendosi di ferire.
In ogni caso conferme di maturità arrivarono con il già citato “La malavita” e con il successivo “Amen”, un disco praticamente perfetto. La fanno da padrone la rabbia verso un sistema socio-economico che annulla ogni aspirazione alla meritocrazia (Il liberismo ha i giorni contatiL’uomo del secolo) e l’urgente bisogno di rivalutare la poesia (Baudelaire).
Questi – in una sintesi per forza di cose parziale – i Baustelle nei loro primi dieci anni di vita: una band che ha saputo evolvere stili sonori (sempre presenti influenza dark wave e del cantautorato italiano e francese) e linguistici con un senso del tempo sorprendente. In questo, credo, stia la loro capacità di riuscire ad arrivare al cuore di molti, dall’assiduo fan indie-rock all’ascoltatore da autoradio.
Ora il Sussidiario viene ristampato in due versioni: una identica all’originale e una speciale, con materiale inedito. Il motivo di quest’iniziativa, nelle intenzioni della band, è fare i conti con i giovani, diversi rispetto a dieci anni fa. Lo rivela lo stesso Bianconi in un’intervista rilasciata ad Ondarock: “Trovo che le canzoni del Sussidiario siano ancora forti e attualissime. I giovani (…) forse sono un po’ cambiati, noi li osserviamo sia attraverso la nostra esperienza professionale, sia attraverso la normale quotidianità. Il Sussidiario li raccontava in modoromantico e universale”.

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